Mùsica paròle poesìa con Simona Colonna, voce e violoncello.
Nata quasi per scommessa il 22 dicembre 1998 al Teatro Carignano, la Vijà Piemontèisa ha resistito ed è diventata un appuntamento che fa tradizione.
Una veglia, una veglia di Natale, con la voce della poesia che da secoli si esprime in lingua piemontese: una festa della speranza, del ricordo, della continuità e del rinnovamento, nella convinzione che le parole non sono soltanto segni o convenzioni, le parole hanno un’anima e una storia antica che affonda radici nel cuore ancestrale dell’esistenza umana.
Per “goerné” il sentimento della propria esistenza e di quella degli altri abbiamo bisogno della sollecitudine della tenerezza, abbiamo bisogno di tutte le parole e i suoni e le voci che hanno attraversato i secoli sui sentieri della nostra terra, abbiamo bisogno di tutte le parole con le quali hanno pianto e gioito le nostre genti.
E se una terra ha voce, la sua voce più alta è la poesia.
La Vijà 2013 cambia passo, e affida la grammatica della poesia alla musica e al canto. Dopo aver attraversato in questi anni i grandi nomi della nostra letteratura in un percorso antologico dai Sermoni Subalpini (XII secolo) alle Laudi, da Ignazio Isler a Edoardo Ignazio Calvo a Angelo Brofferio, da Nino Costa a Arrigo Frusta, da Pinin Pacòt a Armando Mottura a Alfredo Nicola, da Luigi Armando Olivero a Alfonso Ferrero, da Tavo Burat, Camillo Brero, Barba Tòni, Remigio Bertolino, Barbafiòre, Alex, Guido Gozzano, Giorgio Calcagno …e tanti tanti altri, quest’anno la Vijà della Ca dë Studi Piemontèis guarda a nuove esperienze che si sono messe in gioco sul territorio piemontese con entusiasmo, con appassionata professionalità.
Ascolteremo antichi brani della tradizione piemontese in veste contemporanea e moderna; poesie-canzoni scritte e messe in musica; poesie, come quella di Bianca Dorato, diventate canzoni. Un concerto, un “bochèt” di parole-fiori della nostra tradizione letteraria e timbri di tutte le “frontiere” della lingua piemontese declinata dal suo passato glorioso alle persistenze dell’oggi. Un confronto “angagià” con la resistenza della memoria per provare a scommettere ancora sull’avvenire: “la sensassion e la religion ëd fé part ëd na caden-a ch’an gropa ai nòstri vej e che noi, dòp d’avèj giontà nòst anel, i dovoma passé ai nòstri fieuj”.
ALBINA MALERBA